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Trento, 5 agosto 2017 Sono rientrato dall'Australia dopo aver relazionato sulla figura di don Angelo Confalonieri. Pochi giorni fa, infatti, nella Library del Parlamento di Darwin, i relatori Michael Walsh, Malcolm Fyle, Danial Kelly, Stefano Girola, Frank Bertagnolli, Greg Anderson e il sottoscritto hanno presentato vari aspetti della vita e dell'opera di questo missionario. Ma ad aprire i lavori vi è stata la significativa voce aborigena di Benny Cubillo. Il pubblico presente era composto da alti rappresentanti delle istituzioni, da docenti universitari, da ranger, da missionari ma pure da gente comune. Il simposio ha ottenuto un successo che ha superato ogni aspettativa. Dieci anni di faticose ricerche, collaborazioni, studi e confronti hanno quindi prodotto un riconoscimento e un interesse significativo per quanto fatto, a metà Ottocento nell'estremo nord dell'Australia, da Angelo Confalonieri il quale si immerse talmente fra gli Aborigeni da riuscire a scrivere una pagina importante di storia della Chiesa, dell'Australia e del nostro Trentino. Ricordo che Confalonieri in Australia scelse di vivere a Cobourg Peninsula con i nativi, in un ambiente che reputo più ostile della foresta amazzonica, assistendoli ed entrando in relazione con loro adottando uno stile di vita estremamente duro per un europeo. Si integrò nei popoli Majurnbalmi e Nganyjaharr a tal punto da essere chiamato Nagoyo (padre). Egli, a differenza di molti che incontrarono gli Aborigeni, fu quindi disponibile a mutare «pelle» e metodi di evangelizzazione. A Darwin è stata evidenziata anche la personalità di don Angelo: egli era persona determinata, ostinata, abile nella comunicazione e nella capacità empatica, ma pure atleta dell'estremo, linguista, medico, pacificatore di ostilità fra nativi rivali ed educatore. Ed infine e soprattutto un prete che visse con gli Aborigeni immergendosi nella loro vita, camminando con i loro passi. Tutto questo dunque (e forse altro ancora) era Confalonieri. Probabilmente solo un uomo capace di racchiudere in sé tante capacità poteva, a metà Ottocento, decidere in sostanziale solitudine e senza mezzi, di vivere con e per gli ultimi degli ultimi di quel tempo: gli Aborigeni australiani. Ultimi degli ultimi in quanto venivano considerati, in molti salotti della cultura europea, alla stregua di animali. Confalonieri dunque, abbandonando innanzitutto i «comodi di una vita agiata e tranquilla» per amore degli indigeni come scrisse di lui l'allora vescovo di Sydney, John Bede Polding, seppe convivere e superare giudizi e pregiudizi per giungere, con la forza della fede, al cuore dell'essere umano, rinunciando ai privilegi che la sua posizione in Trentino gli conferiva scegliendo di immergersi in modi di vita totalmente nuovi e difficili. E lo fece con tutto sé stesso. Soccorse, si consumò nell'insegnare, nel tentare di evangelizzare, nel cercare di comprendere. Si spese a favore di uomini sconfitti dalle nuove invasioni. È doveroso concludere che il successo del simposio di Darwin si deve anche a un'organizzazione perfetta delle istituzioni locali, della Diocesi di Darwin, dal Consolato d'Italia di Brisbane, ma anche al lavoro appassionato di Carlo e Maria Randazzo. A questi e a Gino Luglietti e al console Ludovico Camussi, va il mio sincero ringraziamento non solo per quanto fatto ma anche per aver fatto nascere una sorta di legame «di cuore» fra il Northern Territory e il Trentino. Infatti, ci si è resi conto del ponte culturale e quindi della inaspettata vicinanza creata, è il caso di dirlo quasi magicamente, da Angelo Confalonieri fra due terre e fra due culture apparentemente tanto diverse. Rolando Pizzini
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vedi anche: il libro Trento, 5 agosto 2017 Trento, 1 marzo 2017
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